Non tutto ciò che è successo in questo anno allucinante che si chiama 2020 è negativo. Sono tornati gli americani Dropdead con il loro carico di violenza hardcore punk d-beat e do it yourself senza compromessi. A settembre 2020 è uscito il loro nuovo disco, e sono stati remasterizzati e ripubblicati i precedenti lavori, in pratica è di nuovo disponibile tutta la loro discografia e anche di più. Cominciamo la rassegna dal loro primo disco, una mazzata composta da trentaquattro canzoni che sono state remasterizzate per la prima volta, e suonano ancora più potenti del 1993. Erano i primi anni novanta e i Dropdead pubblicarono questo loro esordio nel 1993, ponendosi come cerniera fra i gruppi d-beat, crust e hc degli anni ottanta e quelli che stavano portando avanti l'eversione in musica. I Dropdead grazie a questo esordio omonimo sono stati un gruppo guida e seminale per molti gruppi a venire in ambiti disparati, come i Nasum nel grindcore che hanno rifatto delle loro canzoni. Il disco è stato rimasterizzato ripartendo dal mix originale di Don Fury del 1993, e l'esordio uscì originariamente per Selfless Records. Qui c'è tutta la furia, l'odio, la velocità e l'intensità alla base di vari generi e sottogeneri quali il crust,, l'hc, il d-beat, il powerviolence e il grindcore. Più semplicemente c'è il disagio e l'urgenza espressiva di quattro giovani a cui non va bene come vanno le cose, e le cercano di cambiare per quanto possibile. Se si ascolta il disco in continuazione, come può facilmente accadere si potrà sentire anche molta della furia e delle soluzioni sonore che in futuro saranno la forza dei Converge, gruppo di Boston che nel 2011 ha pubblicato uno split con i Dropdead. Un disco fondamentale, la congiunzione perfetta fra la rabbia passata e quella futura. Trentaquattro calci.
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